Verso la povertà, la sopravvivenza stentata, a denti stretti, la rinuncia provo un’attrazione talvolta irresistibile. Vorrei non avere nulla, per sfuggire finalmente alla piaga dell’opulenza, dell’abbondanza, del fantomatico benessere capitalistico, dello sperpero e recuperare concretamente, fisicamente una dimensione esistenziale essenziale. Come mio solito, estremizzo. Non c’è niente di santo nel mio desiderio di povertà, ma disgusto per questo mondo, che ti costringe ad essere povero per essere libero. Basta uno stipendio fisso, per quanto modesto, per diventare schiavo. Lavoro retribuito è servitù, sempre. Lavorare per lavorare, senza ricevere nulla in cambio, è lavorare liberamente, come scrivere per scrivere, senza pubblicare, è scrivere liberamente. L’inutilità libera.